#2 – Il mistero della zanna di drago
di Fabio Furlanetto
Diversi anni fa
Cina
In un paese a cui non mancano certo i misteri e le leggende c’è un ospedale militare che ospita il Paziente Zero. A prima vista non sembra un paziente particolarmente interessante: è un maschio di circa trent’anni in perfetta forma fisica, e sta dormendo.
Sta dormendo da più di cinquant’anni e non è invecchiato di un solo giorno: questo è quanto lo ha reso incredibilmente interessante agli occhi del governo. Sono stati tentati tutti i test immaginabili per carpire il segreto della sua longevità e del suo sonno: tutto assolutamente inutile.
L’infermiera che gli ha appena prelevato un campione di sangue lo osserva con curiosità, chiedendosi su come cambierà il mondo quando i dottori avranno capito come estrarre l’immortalità da questo strano uomo.
Poi i suoi occhi cadono su un dettaglio insignificante: qualcuno ha lasciato aperta la finestra, ed una mosca si è posata sul davanzale. Avvicina una mano per scacciarla, lasciando che la mosca si avvicini al Paziente Zero.
Appena le zampe dell’insetto toccano la pelle dell’uomo, l’infermiera apre la bocca per lanciare un grido di terrore. Una mostruosità dalla forma umanoide, con grandi ali d’osso ed una bocca ricolma di zanne al posto del volto, ha preso il posto della semplice mosca. Si getta su di lei afferrandole la gola per evitare che emetta un solo sussurro.
Il Paziente Zero apre gli occhi. Con tutta calma solleva le coperte, si mette a sedere sul letto, si sgranchisce i moscoli del collo e solo allora volge lo sguardo al mostro che sta divorando l’infermiera.
-Yg. Perché mi hai svegliato?
-O Esiliato, infinite
grazie per aver annullato l’incantesimo. Porto una lieta notizia…vostro padre è
morto!
Il Paziente Zero accenna un sorriso. Tutto ciò che ha da dire è:
-Bene.
-Sia lode
all’Esiliato!
-Sì, sia lode a me. Ora andiamo, c’è molto lavoro da fare.
Oggi
Greenwich Village, New York City
Marito e moglie stanno facendo colazione assieme. Entrambi stanno leggendo qualcosa, distraeendosi solo per sorseggiare il the.
Sarebbe una normale scena casalinga, se non fosse per il fatto che l’uomo sta studiando un libro che fluttua di fronte ai suoi occhi e che la testa della donna dai capelli bianchi è circondata da una fiamma ultraterrena. [1]
Il libro si richiude da solo e si posa sul tavolo. Stephen Strange osserva per qualche istanto sua moglie Clea, attuale Regina della Dimensione Oscura; non sembra invecchiata di un giorno dai tempi in cui era la sua allieva.
-Credevo di essere io quello con l’abitudine di leggere a tavola.
-La passione per i misteriosi testi extraterreni dev’essere contagiosa – risponde Clea, continuando a leggere.
-Ho sentito definire il Daily Bugle molte cose negli anni, ma “misterioso testo extraterreno” è un ottimo eufemismo.
-Lo è davvero per me, Stephen. La Dimensione Oscura non ha mai avuto nulla di paragonabile alla libertà di stampa, sai. Forse dovrei cercare di introdurre il giornalismo, ora che sono regina.
-Certo, perché no. Se non funziona, scommetto che i Senza Mente adoreranno la televisione.
Clea alza lo sguardo dal giornale per fissare negli occhi il marito.
-Potrei anche assumere un giullare, visto quanto sei spiritoso oggi.
-Scusa. La Dimensione Oscura riunisce popoli che non sono mai andati d’accordo da quando esistono, quindi posso capire come studiare la società terrestre possa darti degli spunti su come governarli. Se non altri, prendendo la Terra come esempio negativo.
-Sei troppo cinico verso la tua dimensione, Stephen – scuote la testa Clea, sfogliando la pagina del giornale ed esclamando:
-Per le fiamme delle Faltine!!!
-Ti avevo avverita: ho la stessa reazione quando leggo l’editoriale.
Stephen Strange si rammarica di aver fatto questa battuta quando nota l’espressione sbigottita di Clea.
-Stephen, guarda questa immagine!
Il Mago Supremo prende in mano il giornale, comprendendo all’istante cosa ha sconvolto Clea. Non è tanto l’immagine che mostra il volto familiare di una bellissima donna dalle trecce bionde, è il titolo dell’articolo: “Donna trafitta da spada nel cuore”.
L’articolo è breve ma dettagliato: Brunhilde Einherjar è stata ritrovata morta nello spogliatoio di una palestra, trafitta da una spada la cui impugnatura aveva la sagoma di una testa di drago.
-Stephen, non posso sbagliarmi: quella è la Valchiria, vero?
-Sì, Brunhilde Einherjar era l’ultima identità mortale che aveva assunto. E apparentemente, nonostante fosse immortale è stata uccisa con Dragonfang…la spada che io stesso le ho donato.
Un’ora dopo
Office
of Chief Medical Examiner
Angela Li spegne la sigaretta, strofinandosi le mani per cercare di riscaldarsi un po’. Pessimo vizio per una dottoressa, è vero, ma impedirle di fumare all’interno è assurdo. Qualcuno ha forse paura che ai cadaveri possa venire il cancro ai polmoni?
-Mi scusi – dice una voce all’improvviso: Angela ha un colpo al cuore, non avendo sentito nessuno avvicinarsi.
L’uomo dalle tempie grige e dai baffi finemente curati si toglie il cappello. Sembra uscito da un film degli anni cinquanta.
-Posso aiutarla?
-Sono il dottor Stephen Strange. Sono qui per condurre un’autopsia sul cadavere di miss Einherjar.
-Non sono stata informata di nessun autopsia – risponde perplessa la donna.
Il Dottor Strange le passa una mano di fronte agli occhi dicendo con voce suadente:
-Credo sia tutto in ordine, procediamo pure.
-Credo sia tutto in ordine, procediamo pure – ripete Angela, che convinta di aver appena visto tutte le autorizzazioni del caso apre la porta.
Avverto un nodo alla gola quando la dottoressa Li solleva il velo che copre il volto della Valchiria: è senz’altro lei, non ci sono dubbi. L’aura di un’asgardiana è assolutamente inconfondibile. La dottoressa invece resta professionale: è soltanto lavoro, non il cadavere di una vecchia amica.
-Non capisco perché voglia procedere con un’autopsia, dottor Strange. La causa della morte è abbastanza evidente.
E’ difficile darle torto. Il giornale non esagerava: la ferita sul petto è orrentamente vistosa, ed il cuore è stato tagliato a metà dalla punta della spada. Eppure questo non dovrebbe bastare per uccidere una dea immortale.
-Non ci sono segni di lotta, eppure non è stata aggredita alle spalle. Molto strano.
-Sarà stata troppo spaventata per fare qualcosa. Voglio dire, se mi trovassi davanti uno sconosciuto con una spada ci metterei un po’ prima di reagire.
-Brunhilde avrebbe venduto cara la pelle, dottoressa Li. Comincio a sospettare che le cause della morte siano ancora più anomale di quanto sembri.
-E’ a questo che servono le autopsie.
La mano della dottoressa si avvicina al bisturi, ma la fermo. Nessuna lama mortale potrebbe incidere la sua pelle. Infilo una mano tra le pieghe della mia Cappa di Levitazione (che lei non può vedere grazie ad un semplice incantesimo di camuffamento) e ne estraggo la stupenda Dragonfang.
-Quella…quella è la spada che…che ci fa lei con l’arma del delitto!?
-Non so di cosa sta parlando, dottoressa. L’arma del delitto non è mai stata trovata.
La dottoressa Li annuisce, perplessa. Non voglio rischiare di manipolare la sua mente più del necessario, ma è meglio evitare che si ponga certe domande. L’arma è già stata passata al setaccio dalla scienza forense: le uniche impronte digitali rilevate erano quelle della Valchiria stessa.
-Allora, vogliamo cominciare o no?
Il pensiero di eseguire l’autopsia su una cara amica usando la stessa arma usata per ucciderla farebbe esitare chiunque, ma non è per questo che continuo a fissare Dragonfang.
-Può andare, dottoressa Li. Non c’è stata nessuna autopsia e lei non ha mai incontrato nessun dottor Strange. Oh, e un’ultima cosa, dottoressa: fumare è un pessimo vizio, dovrebbe decisamente smettere.
Dopo aver sentito queste parole, Angela Li si sente stordita. Si guarda attorno senza vedere nessuno, e si incammina verso l’uscita senza dire niente…e gettando un pacchetto di sigarette nell’immondizia.
La spada è un falso.
L’originale Dragonfang è stata creata lavorando la zanna di un drago. Quella che ho in mano è in titanio e per forgiarla non è stata usata nemmeno una goccia di magia; questo rende il mistero ancora più impossibile. Colpire la Valchiria con questa copia o con una spada di plastica avrebbe avuto lo stesso effetto.
-Occhio di Agamotto, mostrami il sentiero dietro le falsità dei miei nemici.
In risposta all’incantesimo, l’amuleto si apre ed il mistico occhio si posa sulla mia fronte. La sua luce di verità dovrebbe essere sufficiente a dirmi tutto di questa spada. Posso vedere l’estrazione del titanio in una fabbrica in Cina…e nient’altro fino a quando non viene raccolta dalla polizia.
In altre parole, l’Occhio mi ha mostrato solo una scritta “made in China”. Sono al punto di partenza.
Dirigo la sua luce verso il cadavere della Valchiria, e finalmente scopro qualcosa di buono. L’Occhio di Agamotto può mostrarmi la via intrapresa da un’anima dopo la morte, ma in questo caso non vedo niente. Il che significa che l’anima della Valchiria è ancora prigioniera di questo corpo.
E’ solo questione di rianimare il suo cadavere, quindi. Una cosa da principianti, davvero.
-Persefone, Satannish e Chthon, o dei che dimorate nell’oltretomba, che la vostra forza sostenga chi ormai è trapassato, così che i morti camminino tra i vivi!
Non c’è nemmeno bisogno che faccia rima; la parte più difficile è evitare di resuscitare anche gli altri cadaveri.
La Valchiria apre gli occhi e ritorna a respirare, come se fosse appena tornata a galla dopo essere quasi annegata. Si guarda attorno spaventata, quasi nel panico: raramente ho visto un terrore simile negli occhi di una dea.
-E’ tutto a posto, Val, tutto è passato – cerco di calmarla, appoggiandole una mano sulle spalle e preparandomi ad erigere uno scudo mistico: questa è una donna in grado di combattere un Hulk infuriato, dopotutto.
-Stephen? – dice con voce incerta, ancora disorientata.
Si mette a sedere sul tavolo operatorio, coprendosi con il lenzuolo. Il suo volto ha ripreso la stoicità familiare per chi la conosce.
-Perché sono nuda?
-Eri morta.
-Ah. Perché ero morta?
-Speravo me lo dicessi tu.
Un incantesimo di trasmutazione le restituisce i vestiti, e la Valchiria si rialza in piedi. Sta facendo del suo meglio per nascondere quanto l’esperienza l’ha colpita.
-Ero sola nello spogliatoio della palestra. Ho avvertito la presenza di qualcosa…qualcosa di profondamente sbagliato. Come se una parte del mondo fosse sparita. Poi mi sono voltata ed un demone mi ha trafitta con una spada. Non avevo mai visto una creatura così abominevole, Stephen.
-Il fatto che tu non avessi mai visto niente del genere elimina parecchie classi di demoni dai sospetti, Valchiria. Eri nella tua identità civile, quindi immagino che Dragonfang fosse invisibile vero?
-No, non avevo Dragonfang con me. E’ stata spezzata mesi fa.
-Trovo difficile crederlo.
-L’ha rotta Deadpool combattendo il Silver Surfer di una realtà alternativa.
-…
-Quando ero nei Difensori. [2]
-Ripensandoci, per un’avventura dei Difensori è abbastanza plausibile. A giudicare dalla ferita che hai subito però credo che ad ucciderti sia stata la vera Dragonfang; è possibile che qualcuno l’abbia rubata tempo fa e sostituita con una replica…una replica molto più realistica di quella che è stata lasciata sul luogo del delitto.
-Ma perché qualcuno farebbe una cosa simile? Chi ha lasciato un indizio simile sapeva che ne saresti venuto a conoscenza e che mi avresti salvata.
-Credo fosse proprio questo il punto, Valchiria: qualcuno voleva disperatamente attirare la mia attenzione.
-Ottimo lavoro, necromante. Il mio signore ne sarà lieto.
A parlare è stata la dottoressa Li, appena rientrata. Dovrei essere sorpreso dal fatto che il mio comando ipnotico non abbia funzionato, ma c’è qualcosa di ancora più sorprendente: la dottoressa apre bocca rilasciando uno sciame di insetti.
La Valchiria si porta una mano al petto, e ricordo abbastanza di medicina da non essere ingannato dal suo tentativo di nascondere il dolore immenso che sta provando.
Lo sciame di insetti si solidifica in un essere immondo, un demone nero dalle ali d’osso ed una grande bocca piena di zanne al posto della faccia.
-E’ lui, Stephen. E’ stato lui a uccidermi.
Greenwich Village, New York City
Terrence Ward scende dall’autobus, chiedendosi cosa penserebbero gli altri passeggeri se sapessero che è il figlio di Incubo. Nemmeno lui sa cosa pensare: non ha mai conosciuto suo padre e la sua eredità finora non gli ha portato altro che sventura.
Il Dottor Strange è convinto che i suoi poteri possano essere usati a fin di bene, però, e Terrence è disposto a lasciarsi aiutare.
-Riesci a vederla? – chiede una voce sconosciuta.
Terrence si volta cercando di identificare l’uomo di origini asiatiche che è sceso assieme a lui dall’autobus, ma è sicuro di non averlo mai visto prima. Porta con sé una valigia dalla forma strana, del tipo usato per trasportare strumenti musicali forse.
-Che cosa?
-La vera forma del Sanctum Sanctorum. I corridoi e le segrete che si espandono oltre questa città, fino alle radici del mondo.
Terrence segue lo sguardo dello sconosciuto. A parte la strana finestra, la casa del Dottor Strange gli sembra una normalissima casa di tre piani.
-Conosce il Dottor Strange, mister…
-Non proprio. Puoi chiamarmi Esiliato – risponde l’uomo, allungando una mano per farsela stringere.
Terrence commette l’errore di stringere la mano, o più che altro di provarci: al più lieve contatto la sua pelle inizia a bruciare.
Il ragazzo urla di dolore, e la sorpresa è sufficiente ad attivare il suo potere di trasformarsi nell’incubo peggiore di chi gli si trova davanti…ma non può farlo, perché l’Esiliato lo colpisce con la valigia con forza sufficiente da stenderlo.
-Stanne fuori, ragazzo. Il tuo giorno non è ancora arrivato.
Il Sanctum Sanctorum è circondato da incantesimi protettivi capaci di respingere il più tenace degli assalitori, ma la presenza dell’Esiliato non ne fa scattare nessuno.
Raggiunge l’ingresso come se nulla fosse, ed appoggia il palmo della mano sulla porta…che inizia immediatamente a sciogliersi.
Office of Chief Medical Examiner
Erigo subito uno Scudo di Seraphim per sigillare l’area. Potrebbe sembrare un’esagerazione, ma questo demone è stato capace di uccidere la Valchiria: la precauzione mi sembra d’obbligo.
-Chi è il tuo padrone, demone?
-Qualcuno che ti vuole
morto, Mago Supremo.
-Dovresti essere un po’ più specifico.
-Meno parole, più teste tagliate – prende l’iniziativa la Valchiria, afferrando la replica di Dragonfang e caricando a testa bassa verso il demone. Non posso dire di trovarla una strategia saggia, ma sono abbastanza furbo da non mettermi di fronte all’ira della Valchiria.
-Muori, immonda progenie di Hellheim!
La Valchiria cerca di decapitare il demone, ma il corpo di quell’essere si scompone in una nuvola di insetti. Solamente il suo orribile ghigno ricolmo di zanne resta riconoscibile, per prendersi gioco dell’avversaria.
-Dei. Così letterali.
Evoco un Fulmine di Balthakk per zittirlo, ma non riesco a fare più di questo: il demone divora l’energia mistica del mio colpo. Odio i demoni che sanno farlo.
-D’accordo, hai la mia attenzione adesso. Che ne dici di presentarti?
-Io sono Yg, Signore Degli Orrori Che Divorano Dall’Interno.
-Un nome ripugnante per un essere ripugnante – sentenzia la Valchiria, che ispirandosi ad una delle mosse preferite di Hulk batte le mani con forza sufficiente a far vibrare l’intera stanza.
La nube di insetti che è Yg sembra stordita: ne approfitto per imprigionarli in una Scatola Scarlatta di Cyttorak. Sono piccole creature molto tenaci: posso sentire il rumore dei loro denti stridere sulla superficie interna della scatola.
-Dovrebbero impiegare qualche milione di anni prima di riuscire ad intaccare la scatola. Capisco cosa intendevi descrivendo questo essere…anche io ho provato una sensazione di profondo disgusto.
La Valchiria non mi sta ascoltando: è corsa subito a controllare il corpo della dottoressa Li, abbandonato da Yg come uno straccio gettato a terra.
-E’ morta. Stephen, questo non era il suo momento. Non puoi fare nulla per aiutarla, così come hai fatto con me?
Questa è la parte peggiore dell’essere il Mago Supremo: dover spiegare alla gente di non essere davvero supremo.
-Mi dispiace, Valchiria, ma ci sono barriere che nemmeno io posso superare. Potrei rianimare il suo corpo come ho fatto con il tuo, ma la sua anima ha già lasciato questo piano dell’esistenza. Ad Asgard il tuo compito era accompagnare le anime valorose nel Valhalla, quindi proprio tu dovresti capire perché non posso farlo.
-Non significa che debba piacermi, Stephen.
Una mosca esce dalla bocca della dottoressa, ed io mi maledico per non averci pensato prima. Proteggo me stesso e la Valchiria con una protezione mistica che avvolge le nostre teste, e di nuovo mi do dell’idiota un secondo troppo tardi.
Anche se coperta dai vestiti che ho evocato, sul petto della Valchiria c’è ancora una ferita che conduce direttamente al suo cuore. Una ferita che Yg usa per possederla.
-Per il potere della Vishanti, per le canute schiere di…
-Un suggerimento – dice la voce di Yg proveniente dalle labbra della Valchiria, e tutto il mondo diventa rosso dolore.
Siete mai stati investiti da un treno in corsa solo per rimbalzare contro un muro di cemento? Nemmeno io, ma adesso che ho ricevuto un pugno dalla Valchiria ho una buona idea di cosa si prova. Un incantesimo di protezione le impedisce di fratturarmi tutte le ossa, ma non significa che non faccia un male cane.
-Trovati parole
magiche più corte, Mago Supremo.
Il colpo mi ha fatto perdere la concentrazione necessaria per mantenere la Scatola Scarlatta di Cyttorak, e lo sciame di Yg trova un rapido rifugio all’interno del corpo della Valchiria.
In altre parole, questa è appena diventata una pessima giornata.
Sanctum Sanctorum del Mago Supremo
Clea sta meditando. La sua mente si sta espandendo tra le dimensioni, esplorando la zona di confine tra la Dimensione Oscura e la dimensione della Terra.
In fondo è questo il motivo ufficiale per cui non si trova nella sua terra natale: per assicurarsi che la frontiera sia al sicuro da eventuali invasori.
E’ una scusa e lei lo sa benissimo, probabilmente lo sanno anche i suoi sudditi. Il vero motivo è che aveva davvero bisogno di un po’ di tempo per se stessa.
Non è facile essere sovrani di un’intera dimensione e lei non l’ha mai voluto. Certo, lei è di ascendenze regali: sua madre è Umar l’Implacabile, sorella del Terribile Dormammu, ma non si è mai aspettata di succedergli (in parte perché sono entrambi immortali).
Ama la sua terra natale, ma ama anche Stephen Strange e tutto ciò che la sua dimensione ha da offrire. Perché deve scegliere?
Una forte scossa fa tremare la stanza, facendola rientrare nel proprio corpo. Un terremoto? Il Sanctum Sanctorum dovrebbe essere al sicuro da qualcosa di così mondano.
No, sono le mura stesse a tremare. Antichi tomi mistici volano nell’aria sollevati da un vento intangibile; intere famiglie di fate che vivono tra le mura si sono alzate in volo per rannicchiarsi in un angolo, urlando di terrore.
La casa del Mago Supremo si sta facendo prendere dal panico.
Clea fluttua fuori dalla stanza, osservando l’uomo al centro di un piccolo uragano che sta devastando l’ingresso. Porta con sé una strana valigia.
-Per i Venti d Watoomb, che la pace torni in questo luogo sacro!
-Lascia perdere – suggerisce l’uomo. L’incantesimo non ha avuto effetto.
-Non sei il benvenuto in questa casa. Lasciala immediatamente o sarò costretta a cacciarti fuori io stessa.
-Provaci.
-Bande Scarlatte di Cyttorak, fermate questo intruso! – risponde Clea.
L’incantesimo funziona, ma non quanto Clea avrebbe voluto: l’intruso passa semplicemente attraverso le bande scarlatte come se non esistessero nemmeno.
-Fiamme delle Faltine! Vortici di Valtorr! Tentacoli di Tenebra di Thog!
Uno dopo l’altro, gli incantesimi falliscono completamente. Pur correndo il rischio di incenerire il Sanctum Sanctorum, Clea ricorre al potere che le deriva dalla Dimensione Oscura. Un fuoco ultraterreno ricopre la sua testa.
-Io ti bandisco da questo luogo. Fiamme Oscure del Caos, difendete la vostra regina!
Una fiamma più nera nera dell’oscurità si dirige verso il bersaglio. Solo i più esperti tra i signori delle arti mistiche potrebbero sopravvivere al suo calore, evocando incantesimi complessi e sostenendoli con tutta la propria volontà.
Ma quando le fiamme si avvicinano a quest’uomo, esitano e si fanno da parte senza nemmeno riscaldarlo.
-Io sono l’Esiliato, donna. Rappresento un potere mille volte superiore a tutti gli dei che tu possa invocare. Nessun incantesimo può funzionare su di me, perché porto la parola di…
-Clea, scappa! – suggerisce Rintrah, zittendo l’Esiliato avvolgendolo nella propria Cappa di Levitazione.
Il mantello magico prende spontaneamente fuoco a contatto con la pelle dell’Esiliato, che sembra aver perso la propria calma quando ne fuoriesce.
-Tu osi…
-Oso eccome! – replica Rintrah, colpendo l’Esiliato con un pugno in faccia. Incredibilmente, nonostante le più potenti magie di Clea non lo abbiano minimamente scalfito, Rintrah riesce a spaccargli il naso. La valigia cade a terra, aprendosi all’improvviso: contiene una spada che Clea ha già visto molte volte. Dragonfang, la spada della Valchiria.
-Ah! Non sei così tosto come vorresti far credere, vero? – esulta Rintrah.
L’Esiliato non dice niente. Passa una mano sulle labbra, recuperando alcune gocce di sangue. Una sola di esse cade, colpendo l’elsa di Dragonfang.
-Sei al di sotto del mio interesse, minotauro. A te penserà il drago.
-Quale drago? – chiede ingenuamente Rintrah, prima che i suoi occhi cadano su Dragonfang.
La lama si sta contorcendo, separandosi in due ali. La testa di scolpita sull’elsa inizia a ruggire.
-Uh-oh.
Terrence Ward riprende conoscenza sul marciapiede di fronte al Sanctum Sanctorum, aiutato da un passante che lo ha trovato svenuto a terra.
-Va tutto bene, ragazzo? – chiede il passante.
Un ruggito primordiale fa tremare l’asfalto. La testa di un drago sfascia il tetto dell’abitazione; le sue ali si allargano oscurando il Sole, ed una possente fiammata squarcia il cielo.
-No, direi proprio di no.
CONTINUA !
[1] Le Fiamme della Reggenza, simbolo del fatto che ora Clea è la Regina della Dimensione Oscura (ma non li leggete i giornali?)
[2] su Difensori MIT #58